Vi diamo il benvenuto a Corato, la città che per il secondo anno offre ospitalità
all’Apulia Web Fest!
Il centro abitato è situato a 232 metri sul livello del mare. Il territorio comunale, con una superficie di 167,73 km², si estende sulle pendici orientali delle Murge. Prevalentemente roccioso o semi-roccioso, è caratterizzato da ampi spazi aperti nei quali domina la vegetazione spontanea, interrotti da aree coltivate prevalentemente a vigneto, oliveto, mandorleto e seminativo.
La vegetazione prevalente è la steppa o para-steppa; vi sono, inoltre, lembi di boschi di querce a roverella e pinete in particolar modo nella Murgia Serraficaia (673 m s.l.m.) e a San Magno (480 m s.l.m.).
Ecco, siete a Corato e vi state chiedendo: cos’è che proprio non posso perdermi?
Iniziamo dalle strutture religiose che, inevitabilmente, raccontano la storia di ogni luogo in cui si trovano.
Chiesa matrice del paese, chiamata popolarmente “il Duomo”, è menzionata per la prima volta in un documento dell’XI secolo; l’aspetto attuale, tuttavia, è quello che l’edificio ha assunto dopo vari rifacimenti dovuti al terremoto del 1627 e a un intervento di restauro del XIX secolo che ha cancellato quasi ogni traccia dell’impianto originale. La facciata esterna, sulla quale sono chiaramente visibili le stratificazioni e le modifiche di cui sopra, presenta una lunetta ad altorilievo raffigurante una Deesis. A sinistra del portale, a ridosso dell’intersezione col torrione del campanile, a 2,43m da terra, vi è una lastra lapidea rettangolare in pietra calcarea, circondata da una cornice e sormontata da tre piccoli archi a tutto sesto: su di essa sono appena visibili i resti scolpiti di un rilievo (ora quasi del tutto abraso) raffigurante l’ascensione al cielo di Alessandro Magno, tema iconografico di grande fortuna nell’arte medievale (soprattutto di ambito romanico pugliese) e nell’arte bizantina. Dell’originario rilievo sono leggibili solo le due esche infilzate sulla punta delle due lance.
All’interno si può ammirare un prezioso busto-reliquiario d’argento che ritrae il patrono della città, San Cataldo, nonché un prezioso affresco della Madonna di Costantinopoli risalente al 1559, tornato alla luce in tempi recenti dopo esser stato murato per diversi secoli.
La facciata dà attualmente su Corso Garibaldi, ribaltata di 180° rispetto a quella originaria che si apriva invece sul centro storico. Essa presenta forme neoclassiche molto semplici: è scandita da paraste che terminano in capitelli ionici e sostengono un timpano non finito. L’unico portale centrale si trova in posizione rialzata rispetto al piano stradale: ai lati della scalinata d’accesso si aprono due prese d’aria per la cripta, solo parzialmente interrata.
All’interno la chiesa si presenta con una pianta a croce greca suddivisa in tre navate; le campate sono scandite da imponenti pilastri e da archi a ogiva. All’incrocio dei bracci è visibile il tamburo che un tempo sosteneva la cupola, oggi venuta meno. Sulla controfacciata si può ammirare una splendida cantoria lignea adornata dai dipinti dei principali patroni della città e una lunetta raffigurante la Natività, entrambe realizzate nel XVIII secolo; nelle navate sono collocate due statue in cartapesta (Sant’Anna e una Pietà) ascrivibili al medesimo periodo. Sulle scale che conducono alla cripta, inoltre, si può ammirare una statua-manichino con le fattezze della Madonna Greca, riccamente vestito e decorato. Dal 1993 la navata destra ospita il sepolcro della serva di Dio Luisa Piccarreta, in marmo bianco.
La cripta è costituita da un ambiente unico con volta a crociera, decorata con rilievi barocchi a stucco. Vi sono presenti due tabernacoli settecenteschi, un gruppo scultoreo raffigurante la Madonna di Pompei risalente alla seconda metà del 1800 e una di San Pio realizzata nel 2000. Sull’altare maggiore, fabbricato in marmo nel 1921 con le medesime forme neoclassiche della facciata, è collocata l’icona della Madonna Greca. L’ambiente alle spalle dell’altare, oggi quasi completamente spoglio, è quello originario dove essa fu ritrovata da un sacerdote, e tuttora vi è visibile la finestrella con la primitiva collocazione dell’immagine. La parete ovest della cripta è l’unica non intonacata e presenta ancora le vestigia dell’antica Torre Greca.
L’icona miracolosa conservata nella cripta è dipinta a olio su legno di pioppo; il dipinto presenta forti elementi manieristi e vi è raffigurata la Vergine Maria assisa su un trono di nuvole e attorniata da angeli, recante sul braccio sinistro Gesù Bambino e nella mano destra un pastorale bizantino. La Madonna è ritratta con pelle e capelli scuri e abiti di foggia greca, da cui il suo appellativo. In basso a sinistra è dipinto un piccolo campanello, in ricordo di quello che secondo la leggenda suonò poco prima che l’immagine si disegnasse da sola sulla tavola. La tradizione vuole che, nonostante i cinque secoli d’età e l’umidità costante dell’ambiente in cui si trova, l’icona non abbia mai richiesto interventi di restauro.
Nel paramento murario della facciata, a bugnato rustico, si apre un semplice portale architravato, mentre la parte alta della facciata, terminata in tempi più recenti, ha un coronamento a timpano. L’edificio, realizzato nella seconda metà del XVIII secolo, ha subito rifacimenti negli anni Trenta del Novecento.
L’interno, di non grandi dimensioni, ha conservato l’aspetto originario, anche se la coloritura degli intonaci è di fine ‘900. La chiesa, a navata unica, coperta a botte unghiata, è movimentata dalla presenza di tre cappelle per lato, sotto arconi poco profondi. Termina con un’ampia abside all’interno della quale si aprono due simmetrici portali. Grazie alla presenza di paraste e di un marcato cornicione sovrastante che segnano tutto l’invaso della navata e dell’abside, la struttura presenta una notevole unità visiva dello spazio architettonico. La decorazione a stucco è semplice ma raffinata, comprende i capitelli d’acanto delle paraste. Nell’ancona del presbiterio è conservata una bella statua settecentesca raffigurante la Madonna del Carmine.
La Chiesa al suo interno ospita un pregevole organo realizzato nel 1760 dall’organaro barese Pietro De Simone
Chiesa dei Cappuccini
Intitolata alla Risurrezione di Gesù Cristo, la chiesa fu edificata nel 1756. Si caratterizza per un ampio vestibolo, con volta a crociera, che si frappone tra l’ingresso e la chiesa. Il nome ‘dei Cappuccini’, con cui la chiesa è nota, è dovuto alla comunità dei frati francescani Cappuccini, presenti a Corato sin dal 1591. L’arcivescovo di Trani, Monsignor Giulio Caracciolo, qualche anno più tardi, nel 1594, autorizza la costruzione del convento, da destinare ai frati. È la famiglia Carafa, conti di Ruvo di Puglia e duchi di Andria (di cui Corato è feudo), a finanziare l’opera.
Ed ora eccoci qui. Sappiamo bene che c’è chi ama rivivere la storia di un paese visitando chiese e strutture religiose e chi i vecchi palazzi che hanno fatto parte della storia della cittadina. A quest’ultimi consigliamo di visitare:
Ad oggi sede del municipio, è ubicato in piazza Cesare Battisti ad angolo con Corso Garibaldi nell’edificio che era Convento dei Minori Osservanti dedicato a san Cataldo edificato agli inizi del 1500. Secondo una leggenda proprio in questo luogo, nel 1483, il vescovo Cataldo apparve ad un contadino liberando Corato dalla peste. Inizialmente fu costruito un convento dei Frati Minori Osservanti ed una piccola chiesa. Nel 1629 fu costruita, trasversalmente alla precedente, la chiesa molto più grande, dedicata alla Vergine Incoronata. Il convento era caratterizzato da un chiostro, ancora ben conservato, caratterizzato da archi ogivali tardogotici poggianti su pilastri. Il Palazzo di Città assunse l’aspetto attuale alla fine del XIX secolo e da quel periodo in poi ricoprì la funzione di Municipio.
Detto anche “delle Pietre Pizzute”, il palazzo costruito nel 1579 dalla famiglia Patroni Griffi, è un notevole esempio di architettura rinascimentale in Puglia. Il suo design fu probabilmente influenzato dal Palazzo dei Diamanti di Ferrara, un altro edificio rinascimentale noto per il suo bugnato a punta di diamante. La caratteristica più sorprendente del Palazzo de Mattis è la sua facciata.
Il piano superiore (piano nobile) è rivestito in bugnato a punta di diamante, che dà al palazzo il soprannome di “Palazzo delle pietre appuntite”. Il piano terra presenta un diverso stile: bugnato rustico con rilievo decorativo.
Il palazzo si sviluppa su tre piani fuori terra e richiama in facciata i caratteri stilistici dell’architettura rinascimentale. Il piano terra è caratterizzato da bugnato realizzato con conci lapidei regolarmente disposti di altezza variabile ed articolato secondo un preciso disegno progettuale. il primo piano è rivestito da conci regolari mentre il secondo piano è rifinito con uno strato di intonaco.
Nonché bellissima location di Apulia Web Fest, si articola su tre piani fuori terra: piano terra, piano ammezzato e piano nobile. Le facciate sono scandite da partizioni orizzontali secondo la seguente caratterizzazione: il basamento, costituito da piano terra e piano ammezzato, è rivestito da conci lapidei sbozzati su cui si aprono i portali e gli stipiti delle finestre costituiti da grosse bugne sovrapposte o dentelli, il piano nobile presenta una superficie intonacata ritmata da lesene lineari su cui risaltano le grandi finestre delimitate da ampie cornici arricchite da architravi e trabeazioni aggettanti.
Unicamente sulle facciate prospicienti Largo Plebiscito si nota l’assenza delle lesene.
L’elegante piazza, fulcro della vita cittadina di Corato, era il luogo deputato all’amministrazione cittadina e racchiude alcuni tra i più bei palazzi storici della città.
Sul suo lastricato si staglia l’imponente mole del Palazzo Gioia, che secondo la tradizione, sorge sull’area dell’antico Castello edificato da Pietro il Normanno. Fu dimora delle famiglie feudatarie che si succedettero al governo della città, come testimoniano gli stemmi della famiglia Carafa presenti su due dei quattro portali. Altri importanti edifici storici racchiudono il perimetro della piazza, come il palazzo dell’ex Biblioteca Comunale, databile al XVIII secolo, il Palazzo della Pretura in stile neoclassico, ed un palazzo del 1920, costruito in stile neo-settecentesco.
Il paese ha origini molto antiche e questo è dimostrato dalla presenza di due diversi siti archeologici che è possibile visitare.
Troviamo infatti la Chianca dei Paladini, un dolmen formato da tre megaliti verticali (detti “ortostrati”) che costituiscono le pareti della “cella” e, ovviamente, il grande lastrone posto orizzontalmente. Il Dolmen è lungo circa 2,75 metri. Al suo interno, evidentemente già saccheggiato chissà quando, si rinvenne soltanto un vaso che probabilmente conteneva dei pigmenti colorati. Secondo la leggenda, questa costruzione dovrebbe trattarsi del risultato di una gara tra giganti. La denominazione di questo monumento dolmenico si rifà a quelle leggende (presenti non esclusivamente in Puglia) che vedono nei Paladini di Carlo Magno i realizzatori dei vari manufatti megalitici. Ovviamente non si tratta dei “paladini storici”, ma di personaggi trasfigurati dai racconti e dalle leggende che, a ben guardare, si avvicinano molto di più ai “Giganti” e ad altri esseri dalla forza (o poteri) sovrumani a cui è stata attribuita (appunto) l’innalzamento di costruzioni o monumenti straordinari di cui la Scienza non è ancora riuscita svelare tutti i misteri.
L’altro sito archeologico è chiamato Sepolcri di San Magno. E’ una delle più importanti Necropoli presenti sull’Alta Murgia. Si estende su di un’area molto vasta di circa due chilometri quadrati ed è posta a sud est di un’amplissima dolina che ha come punto centrale una grande cisterna per la raccolta delle acque chiamata “Pescara degli Antichi”. La Necropoli si compone di circa ottanta sepolcri a tumulo realizzati con grandi massi di pietra calcarea e definiti perciò di tipo dolmenico. I sepolcri investigati hanno evidenziato una “facies culturale” di ambiente dauno databile tra VII ed il VI secolo avanti Cristo. Nelle tombe sono stati rinvenuti oggetti in ferro e vasellame prevalentemente frammentario sia acromo che dipinto a figure geometriche in argilla depurata, fibule, resti ceramici e braccialetti a filo doppio. I corredi funerari sono oggi custoditi presso il Museo della Città e del Territorio di Corato.
Lo sappiamo. Dopo questo lungo peregrinare da un posto all’altro, circondati da tanta bellezza, vi è venuta fame: Cosa Mangiare a Corato
I turisti in viaggio in Puglia hanno davvero tante prelibatezze da gustare. Ma qual è il piatto tipico di Corato? Come in tante altre zone della Puglia, soprattutto della provincia di Bari, il piatto tipico sono le orecchiette con il ragù accompagnato da involtini, chiamati anche braciole, di carne di cavallo o di carne di asino. Altri piatti tipici della cucina di Corato sono le orecchiette con le cime di rape, la pignatta di trippa ed una focaccia con cipolle al vapore, olive nere, uva sultanina e acciughe sotto sale chiamata calzone. Durante il periodo di Pasqua è inoltre possibile assaggiare le scarcelle.
Non possiamo tuttavia dimenticare un cibo tanto semplice ma assolutamente squisito che caratterizza la nostra bellissima terra pugliese: sua Maestà Il Panzerotto. Nato come una pietanza umile ma ormai diventato un rinomato street food, sono mezzelune di pasta lievitata, fritte e croccanti, ripiene di mozzarella (pugliese mi raccomando) e pomodoro, il cui profumo è capace di stuzzicare anche i palati più esigenti.
Feste ed Eventi a Corato

Nel mese di febbraio si festeggia il Carnevale con diversi gruppi mascherati che sfilano per la città.
Durante la settimana santa, in occasione della Pasqua, vi è la Processione dei Misteri, organizzata dalla parrocchia di San Giuseppe.
Tra le varie sagre è importante quella del calzone alla cipolla che viene svolta durante il mese di aprile, quella della bruschetta che si svolge a novembre come quella della castagna e quella della ciliegia che si svolge invece durante il mese di giugno.
Il santo patrono di Corato è San Cataldo che si festeggia nel mese di agosto.